Gli articoli -noiosi- scritti in chiave SEO che si trovano ultimamente su Facebook. E la pubblicità intanto segue.

Dove si parla -ma non solo- degli orribili articoli “acchiappa click” scritti in chiave SEO che ultimamente si leggono ovunque, soprattutto su Facebook.

Nota bene: anche questo pezzo è scritto in chiave SEO ma potrebbe essere che non ve ne accorgiate e sì, si parla anche di pubblicità…

 

E’ quasi estate: tempo di classifiche, ma per una volta lasciamo stare quelle musicali e i tormentoni estivi. Difatti qui -a parte in questo incipit un po’ gigione- non troverete nessun riferimento ad Alvaro Soler e alla sua cintura, né a Camilla Cabello (non è parente della più simpatica Victoria) né, tantomeno, a quei bravi ragazzi dello Stato Sociale: Albi, Bebo, Lodo, Checco e Carota.Nota per il gruppo: Er Carota suonerebbe meglio, ma siccome siete -più o meno- di Bologna, soprassediamo.No, qua niente musica, qua si parla di testi, parole chiave, strizzate d’occhio, titoli misleading acchiappa click  scritti in chiave SEO che soprattutto in questa stagione calda -in realtà piove ogni giorno ma facciamo finta di niente- trionfano nei testi scritti volti a pubblicizzare qualsiasi prodotto magari [anche] sul social per eccellenza: Facebook.

Sembra che pubblicità ed editoria ultimamente vadano di pari passo. E’ un brutto trend.

Solo per oggi -si fa per dire- voglio svelarvi uno dei segreti che regolano la scrittura sul web: in principio c’erano i giornalisti, persone che avevano studiato, che si erano specializzate su un determinato argomento e scrivevano quasi esclusivamente di quello. Dopodiché, con la nascita delle testate online, ecco che è spuntata come i prataioli a settembre una miriade di scrittori wannabe, di portali/piattaforme/pagine/blog in cui praticamente chiunque con una licenza di terza media e qualcosa da dire si è sentito in diritto di esprimere un’opinione scritta.

Oh, anche quando un ho diventa una o, se paghi cinque euro netti a pezzo, immagino che non si possa andare tanto per il sottile, right?

I giornali cartacei, in crisi da lettori e fatturato si sono giustamente buttati nella pubblicazione sul web assumendo a volte maitres à penser non sempre qualificati per questo titolo: personaggi magari già “noti” al grande pubblico per via di un qualche precedente, non ultimo l’essere stati legati sentimentalmente (che carnalmente suona male) a qualche tizio ancora più famoso di loro con buona pace della grammatica e della sintassi.

Quella che una volta era la conditio sine qua non per poter pubblicare: padronanza della grammatica, talento innato nel saper trasmettere un pensiero, una certa personalità e logica nell’esprimere quel pensiero stesso, conoscenza della materia di cui si scrive, ricerca delle fonti, si è trasformato in un tristissimo va bene tutto “purché se ne parli”

Nessuna ricerca a monte; basta che chi lo dice -il come lo faccia interessa meno- sia già conosciuto e porti click (leggi click, ma intendi visibilità e vendite) a prescindere. E poi?

 

Poco importa. Sembra, che invece di crearsi prima di tutto un’identità precisa, una storia, una mission, una reason why, l”idea di molti marketing manager moderrrrni così come quella di certi responsabili editoriali, è che il pubblico sceglierà determinate marche, adotterà certi stili di vita, leggerà un magazine piuttosto che un altro, deciderà un acquisto, solo perché a proporglielo è l’influencer del momento che oltre a pubblicizzare quel brand, nel frattempo [perché anche lui alla fine deve pagare il fruttivendolo], si spertica in elogi altrettanto poco credibili per prodotti affini se non identici.

Credit immagine

Ma chissenefrega, giusto? Tanto c’è la SEO, acronimo di Search Engine Optimization che in soldoni vuol dire: scrivi, impagina, metti insieme una storia che non regge, metti hashtag positivi e attuali a caso, tipo #eroi, #resilenza, #benessere, #osho, #bralette #neverstoplaqualunque…  Insomma fai come cazzo ti pare che tanto, usando parole chiave specifiche,  il tuo pubblico ti trova e poi è certo che ti crede.

Wow.

 

 

Ecco quindi un elenco (breve) di cinque tipologie di pezzi standard acchiappa click che di recente si leggono sui principali magazine online.

1_ la #promessa

Scopri come trasformare il tuo monolocale di 19mq a Quarto Oggiaro nella Reggia di Caserta usando solo 4 stuzzicadenti, una tenda Ikea e un biglietto (non vincente) della lotteria di capodanno. Non credeteci.

2_ #tunoncerimanoisi

Sono stato ad una riunione dei Papa Boys e ne ho visti quattro copulare dietro ad un cespuglio senza usare il preservativo. Segue documentazione fotografica del solo cespuglio.

Attese disattese.

3_ #ommioddio!

Anche (mettere nome di qualunque personaggio minimamente famoso del momento) ha dichiarato che… Il tutto si rivela un’abitudine di una banalità sconcertante. Non ho niente da dirti ma lo faccio lo stesso.

Nulla da dire ma era nel budget.

4_ #fuoridalcoro

Ti son sempre piaciute le lasagne eh, povero sciocco? Qua è dove ti spieghiamo che le lasagne hanno sempre fatto schifo e perché dovresti invece scegliere di mangiare le frattaglie di maiale. Esci dalla massa.

Di gran tendenza tra automotive e riviste radical.

4_ le #liste

Dove elenchi cose che hai sempre fatto in un modo, poi cresci e le fai a modo tuo. Un po’ come con questo pezzo.

Oh, anche io ho bisogno di fatturare, se vi servo contattatemi.

 

 

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