Roma

Qualche giorno fa sono andata a vedere Suburra: un film che ti fa chiudere più volte lo stomaco. Ha parecchi buchi nella sceneggiatura, ma l’ho ugualmente adorato. Mi è venuto in mente questo racconto (che non è autobiografico, se non per alcuni dettagli, come per qualsiasi scrittore che scrive in prima persona singolare). Ve lo regalo oggi.

Roma: esterno giorno, cammino per le vie antiche, ma cosa in questa vecchia puttana di città non lo è? Anche io, in fondo in fondo sono un rudere, ammettiamolo. Sono un ricordo ormai, sono una statua che un tempo era bella e che si sta consumando per l’usura del tempo. Corrosa, arrugginita, sgarrupata. Sono il passato, malinconia e struggimento per una vita che poteva essere ma che è andata in un altro modo.

Salgo su un taxi, sorrido col solito calore mentre gli occhi mi tradiscono; diventano due laghi azzurri, si riempiono di lacrime ma le trattengo senza difficoltà.

Ormai c’ho fatto l’abitudine.
Il tassista mi porta a destinazione, mi fa uno sconto sulla tratta. 10 euro in meno. Addirittura!.

Salgo le scale, faccio la riunione, finisco e riscendo.

Mi piazzo in un bar del centro in attesa del prossimo cliente. Saluto. Consumo. Pago. Il barista mi sconta la consumazione: ‘signorina bella per lei 3 euro in meno’. Torno in hotel, mi cambio, ceno da sola in un ristorante di Trastevere. Chiedo il conto perché è già tardi e domani è quasi arrivato. ‘Signori’, la cena gliela hanno offerta quei signori del tavolo che erano seduti di fianco a lei’. L’oste sogghigna. Mi guardo intorno, dovrei almeno oppormi o ringraziare. Sono già andati via.

E poi arrivi tu, inaspettato come un temporale estivo. Bussi alla porta e hai una bottiglia di vino. Non ho alcuna voglia di bere. Parliamo, del passato, parliamo anche di me, di noi. E finisce che ci mettiamo a letto vestiti e tu mi dai carezze e abbracci e baci sulla fronte. Mi tieni stretta fino al mattino senza nulla di sessuale nelle reciproche intenzioni. Bello. Per una volta. Davvero bello così.
Ci svegliamo. Mi saluti e te ne vai, torni al tuo lavoro, a tua moglie e alla routine.

E allora capisco: gli sconti, i gesti carini, gli sguardi affettuosi. Sarò antica, sarò vetusta, ma ho tolto la corazza, forse emano nuovamente calore ed empatia, la cosa più simile all’amore che conosco. Dio, l’avessi fatto prima!

Sono una donna rassegnata ma non -ancora- vinta. Una che con quel bambino mai nato è tornata bambina lei stessa. E coi piccoli, si sa’, ci vuole pazienza, tenerezza e amore.

La gente lo avverte senza che io parli. Mi da sicurezza, protezione, affetto; come a voler pareggiare le sorti con le mancanze di te che per un momento hai rischiato di diventare padre. Non lo saprai mai, ma tanto cosa avresti fatto, come avresti reagito, cosa avresti detto? Niente di buono, di positivo, di rassicurante. Alla fine, davvero, le cose vanno come devono andare. Tutte.

La verità è che alcune volte i tuoi conti, quelli con la vita, li paga qualcun altro per te e i tuoi arrivano invece quando proprio non li aspetti.

 

Credit immagine di copertina: http://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&ved=0ahUKEwiZtsX9wNLYAhXEhrQKHbNJASUQjBwIBA&url=http%3A%2F%2Fd.trend.ge%2F2017%2F03%2F28%2Fcouple-in-bed-today-tease-160226_4c551ffe769146d9579782338d852060.jpg&psig=AOvVaw0SRo2VacS-_r8jvgysVEUS&ust=1515849294786170

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