Racconto di San Valentino

In anticipo così non rovino la festa di San Valentino a nessuno.
Parental Advisory: violenza e turpiloquio (con moderazione)
Disclaimer: che nessuno si azzardi a chiedermi in pvt se è autobiografico o simili.

E’ un giorno come tanti, se non fosse che aprendo la posta di Gmail c’è un tuo messaggio in primo piano.
Leggo il nome: un nome corto il tuo, accompagnato da quel cognome così d’effetto che se non avessi visto i documenti, l’avrei creduto un nome d’arte. Una finzione. Finzione sì, perché alla fine tra noi cosa c’è stato di vero?.
Eppure sei tu, ancora, l’unico capace di turbarmi solo leggendo il tuo nome in grassetto, in una mail arrivata casualmente (casualmente?) il giorno di San Valentino.
Leggo quel nome e il cuore mi si ferma, fa un tuffo e poi riparte accelerando i battiti. Il sistema nervoso, saturo di adrenalina, fa l’occhiolino a quello endocrino e in buona sostanza ai miei neuroni scompigliati. Ho degli umori tra le cosce. Mi odio a morte. Non ci posso fare niente.
Provo a rilassarmi, le mani cercano d’istinto le sigarette come una tossica qualunque. Mi alzo dalla sedia, anzi no, scatto in piedi come Bolt nei 200 metri piani e mi appoggio al muro. Le gambe tremano, non reggono il peso di tutto quel non vissuto, quel delirio di amore più che altro immaginato, ma comunque presente.
Scivolo, lentamente, verso il pavimento. Mi accartoccio come una foglia secca, le mani sul viso poi in mezzo ai capelli.
Mi ricompongo, mi risiedo.
Una mail da te non l’avrei detto. Cosa vuoi comunicarmi? La apro? La cancello? La cancello. Poi no, poi mi pento. Clicco velocemente “restore” e sei di nuovo lì in prima fila tra le altre ancora da aprire.

Ah, fossi qua cosa ti farei… Cosa ti ho fatto, e cosa ti farei; c’è differenza.
Perché oggi, fossi qua, ti picchierei. Sul serio. Ti stordirei con un calcio a bruciapelo assestato proprio lì e poi ti legherei da qualche parte, sei troppo pesante per trascinarti in giro. Il termosifone andrebbe bene. Niente di elaborato: due sciarpe, una cintura di cuoio per le gambe. Gli occhi bendati. Sarebbe facile. Ti costringerei a scrivere con una penna in bocca: “Non si illudono le brave persone” e quando sbagli, perché sbaglieresti, ti verserei gocce di cera calda sulla schiena. Poi, quando meno te l’aspetti, ti butterei addosso acqua gelata. Ti bagnerei anche di urina, ma sei un depravato e potrebbe anche piacerti. I tuoi vestiti tagliati con le forbici, i capelli, così biondi folti e morbidi, li raderei partendo dal mezzo della fronte.

Ti lascerei moicano al contrario. Un clown, perché è quello che sei, alla fine, un pagliaccio con gli occhi lucidi, come i miei.
Gli occhi dei pazzi, dei creativi, delle anime profonde che si difendono -anche- con l’ironia.
Ti lascerei così, almeno un paio d’ore: umiliato, indifeso, confuso, fragile, tanto per farti provare quello che provo io.
Tutti i giorni da tre anni a questa parte.

Credit immagine:

Aprire o non aprire? Cancellare o rimandare? Fanculo, la apro.
Nella mail non c’è scritto nulla.
E’ un virus, uno stupido cazzo di virus che ha preso i tuoi contatti e ha mandato un link probabilmente inventato da un quindicenne malato e delirante che, me lo immagino, vive una vita parallela in qualche posto di Silk Road; laggiù nel cyberspazio profondo dove satana o chi per lui sta vincendo contro tutti.
Nella mia camera da letto c’è Mark. Sta dormendo. L’avevo rimosso. Mark, l’omone buono venuto dal Belgio -pare- apposta per salvarmi. Decido di avere una coscienza: lo sveglio e con dolcezza gli tolgo le manette, lascito di un gioco del pomeriggio. Mark, devo parlarti. Sono innamorata di un altro.
L’ho capito proprio oggi, nel giorno più stronzo dell’anno.

 

“La violenza è insita in noi anche quando non viene compiutamente espressa. Ho ucciso più gente sognando a occhi aperti alla fermata del tram che la politica estera americana dal dopoguerra a oggi” Alfredo Accatino.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.